lunedì 17 novembre 2014

ZUPPA DI FAGIOLI AL POMODORO

Con questo tempo ugioso l'ideale per scaldarsi un pochino è questa calda zuppa di fagioli al pomodoro. Non stiamo qui a parlare ancora una volta delle innumerevoli e indiscusse proprietà di quest'ottimo legume. Voglio invece raccontarvi di qualche significato simbolico che assumono i fagioli nella storia e in culture diverse, acquistando così accezioni particolari. Per esempio, già nell'antica Roma le donne usavano ornarsi i polsi con braccialetti con un pendente a forma di fagiolo, in quanto credevano che questo fosse un modo per ottenere ricchezza e potere. Nella tradizione popolare, giungendo fino ai giorni nostri, ai fagioli viene attribuito il potere di allontanare la forza del male che è stata scagliata contro una persona, il classico "malocchio". E questa superstizione si ritrova tale e quale nella cultura giapponese. Infine i fagioli vengono visti come simbolo dell'immortalità. Questa idea nasce dal fatto che i fagioli secchi, per essere cotti e consumati, vanno tenuti ammollo nell'acqua, vanno rigenerati, devono dunque riprendere vigore e vita. Per 6 persone:

1 k di fagioli
3 cipolle
1 k di pomodori
3 spicchi d'aglio
4 cucchiai d'olio
1 rametto di timo
2 foglie di alloro
1 mazzetto di prezzemolo
sale, pepe nero

Immergete i pomodori in acqua bollente per qualche minuto, poi pelateli e tagliateli a cubetti. Tritate aglio e cipolla e fateli rosolare dolcemente con l'olio. Quando li vedete ben appassiti, unite i pomodori, il timo e l'alloro. Salate, pepate e fate asciugare i pomodori a fuoco moderato fino ad ottenere un sugo piuttosto denso. Aggiungete i fagioli che avevate cotto in precedenza, coprite con mezzo litro d'acqua e fate cuocere a fiamma bassissima per 30 minuti. La zuppa di fagioli deve risultare molto spessa. Prima di servirla in tavola guarnite con il prezzemolo tritato.


venerdì 14 novembre 2014

IMPEPEATA DI COZZE

L'impepata di cozze è una pietanza tipica dei ristoranti, ma è facilissima e veloce da realizzare anche a casa. Pochissimi ingredienti danno a questo antipasto tutta la ricchezza e la pienezza del sapore di mare a tutto tondo. L'unica seccatura, lo confesso, è la pulitura delle cozze, operazione un po' lunga e noiosa, ma dopo potrete procedere più velocemente e di sicuro sarete ripagati dello sforzo quando gusterete a tacola la vostra impepata di cozze. Questo delizioso mollusco è per fortuna reperibile tutto l'anno, ma i mesi migliori per consumare le cozze sono maggio, giugno, luglio e agosto. Sono molto delicate e di conseguenza facilmente deperibili, è dunque vivamente consigliato consumarle al massimo il giorno dopo l'acquisto. E' buona norma conservare le cozze, in questo caso, in frigo nella parte meno fredda avvolte ancora nella loro retina, che le tiene ben strette inpedendone l'apertura. In questo modo le cozze riescono a mantenere al loro interno il liquido che permette loro di sopravvivere. Ma come si procede alla pulizia delle cozze? Per facilitarvi la vita vi consiglio di procurarvi una retina metallica e un coltello affilato a lama liscia. La prima operazione da effettuare è scartare tutte le cozze già aperte perché, come dicevo prima, sono già morte.
In seconda battuta bisogna eliminare il bisso, che è quel filamento che esce lateralmente dalla cozza. Ma attenzine, non va tagliato, altrimenti ne mangerete la metà, e non credo che sia così buono! Quindi afferrate la cozza come nell'immagine, stringete il bisso fra due dita e lasciatelo scivolare fino all'estremità inferiore della cozza, laddove di staccherà da solo. Sembra difficile, ma è più facile a farsi che a dirsi. A questo punto eliminate con il coltello le eventuali incrostazioni che di soliro sono bianche e di forma allungata o circolare. Quindi strofinate energicamente la cozza con la retina metallica e passatela sotto l'acqua corrente. Il gioco è fatto, siamo pronti per cucinare la nostra impepata di cozze. Per 2 persone:

500 g di cozze
1 spicchio d'aglio
1 peperoncino
1 ciuffo abbondante di prezzemolo
1/2 bicchiere di vino bianco
pepe nero abbondante
2 cucchiai d'olio

Una volta pulite le cozze mettetele in un tegame, copritelo e con la fiamma al massimo rigirate spesso le cozze, fino a quando non si saranno aperte tutte. A questo punto trasferitele in una ciotola con un mestolo forato.
Questa operazione vi permetterà di recuperare il liquido che le cozze hanno al loro interno e che avranno rilasciato aprendosi. Prendete un bicchiere e adagiate su di esso un tovagliolino di carta. Questo vi servirà per filtrare il liquido delle cozze, che terrete da parte.
Nel frattempo tritate il prezzemolo, l'aglio e, se lo gradite, un peperoncino. Mettete il battuto in tegame con l'olio e lasciate soffriggere per circa 5 minuti. Ora potete aggiungere il vino bianco e il liquido delle cozze. Rigirate velocemente e incorporate le cozze. Spolverate abbondantemente di pepe nero e rimestate in continuazione col fuoco al massimo, in modo tale che le cozze s'impregnino bene di tutti i sapori. Eseguite quest'operazione per circa 3 minuti quindi toglietele dal fuuoco e mettetele su un piatto da portata. Prima di servire in tavola l'impepata di cozze, cospargetela con altro prezzemolo tritato. Potete accompagnarla anche con dei crostoni di pane grigliati.







lunedì 10 novembre 2014

FRITTELLE DI MELA

Le frittelle di mela sono una vera golosità, ottime per le merende dei vostri bambini ma anche come spezzafame per i più golosi. Velocissima da preparare, questa ricetta non ha bisogno di lievitazione. Ma a proposito di mele, come sapete sono innamorata della mitologia e oggi voglio raccontarvi della leggenda di Aconzio e Cidippe. Premettiamo che nell'antica grecia, l'atto di lanciare verso un'altra persona una mela rappresentava una vera e propria dichiarazione d'amore. In particolare la mela rossa era proprio il simbolo dell'amore. Detto ciò, ritorniamo ai nostri giovani amanti. La leggenda narra di Aconzio, un bellissimo ragazzo di Ceo, recatosi a Delo in occasione delle festività dedicate ad Apollo. Li Aconzio notò fra la folla Cidippe, bella come il sole, ma apparentemente irraggiungibile. Aconzio si struggeva d'amore, e non sapendo come fare, chiese l'aiuto di Eros, Dio dell'amore. Questi gli suggerì un furbissimo strataggemma che Aconzio attuò. Non appena Cidippe si recò nel tempio di Artemide il giovane la seguì, prese da terra una mela e ci incise sopra: "giuro sul tempio di Artemide di sposarmi con Aconzio". Poi la lanciò verso l'inconsapevole Cidippe, la quale la raccolse e lesse ad alta voce cosa c'era scritto sopra. Immediatamente la poverina si accorse di aver prestato un solenne giuramento nel tempio della Dea. Non passò molto tempo che il padre di Cidippe le scelse uno sposo. Non appena fu organizzata la cerimonia di festeggiamento per il fidanzamento, Cidippe cadde gravemente malata e il suo malore svanì non appena non si proferì più parola sul matrimonio. Così accadde per tre volte, tanto che suo padre chiese l'aiuto dell'oracolo di Deli. E fu così che venne a conoscenza della trappola tesa alla giovane da Aconzio. Ciononostante, il padre di Cidippe prese informazioni sulla famiglia del ragazzo e non ebbe nulla in contrario alla loro unione. Aconzio e Cidippe s'incontrarono e anche la ragazza s'innamorò perdutamente di lui, così si sposarono e vissero una serena vita insieme. Per  4 persone:

1 k di mele
2 uova
2 cucchiai di farina
1 cucchiaino di cannella
latte
1/2 bicchiere d'olio
zucchero a velo vanigliato

Sbucciate le mele, privatele del torsolo e tagliatele a fette dello spessore di circa mezzo centimetro. Preparate la pastella mescolando le uova, la farina e la cannella. Diluite gradualmente il latte mescolando con un frullino in modo da non formare grumi. Aggiungetene a sufficienza in modo da ottenere un impasto moderatamente fluido e morbido. Mettete sul fuoco una padella con l'olio, e quando avrà raggiunto la temperatura adagiatevi le fette di mela precedente inzuppate, una alla volta, nella pastella. Dorate le frittelle di mela da entrambi i lati a fuoco allegro. Scolate le frittelle e lasciatele asciugare dell'olio in eccesso su un foglio di carta assorbente. Disponetele su un piatto da portata e spolverizzatele con lo zucchero a velo. Le frittelle di mela sono ottime sia calde che fredde.


venerdì 7 novembre 2014

ZUCCA GORGONZOLA E NOCI

La stagione della zucca, che fantastico alimento! Allora prepariamo insieme questo contorno, facile, colorato e gustoso. Come ben sappiamo la zucca è anche il simbolo di halloween, intagliata in modo da raffigurare un'espressione grottesca, illuminata da una candela al suo interno. E anche se halloween è passato da qualche giorno, oggi vi voglio raccontare la storia di Jack O'Lantern. Jack Stingy era un fabbro irlandese con un brutto caratteraccio, dedito all'alcol e alle scommesse. Una notte, per l'appunto un 31 di ottobre, all'uscita da un pub Jack incontrò ubriaco fradicio il demonio, che era andato a fargli visita per reclamare la sua anima. Jack gli chiese di poter bere un'ultima birra, ma gli disse pure di essere al verde. Allora propose al demonio di potersi trasformare in una monetina da 6 pence che raffigurava su un lato una croce. Lo stupido diavolo accettò e li rimase imprigionato. Per riscattare la sua libertà accettò il patto con Jack di rinviare di un anno la sua morte. Così fu: il 31 ottobre dell'anno successivo il diavolo gli riapparve, alché Jack lo sfidò a salire su un albero e a vedere se fosse stato capace di riscendere. Stupito dalla facilità dell'impresa e convinto di riuscirci sicuramente, il diavolo accettò e si arrampicò su un albero li di fianco. Immediatamente Jack incise sulla sua corteccia una croce e il diavolo rimase nuovamente intrappolato. Per essere liberato fu costretto a promettergli di non importunarlo mai più. Anni dopo Jack morì e quando si presentò alle porte del paradiso nessuno lo fece entrare a causa della sua vita condotta nella totale sregolatezza. Allora si recò all'inferno, ma all'uscio Jack trovò ad attenderlo proprio il diavolo che tanto fu preso in giro da lui. Per questa ragione di sicuro non lo lasciò entrare ma gli donò ugualmente una candela per illuminare il suo cammino nel tenebroso limbo dov'era destinato a trascorrere l'eternità. Jack a questo punto s'adoprò affinché la candela durasse il più a lungo possibile. Allora scavò una zucca, vi incise il suo volto di disappunto e vi collocò la candela, a mo' di lanterna. E da allora che fu soprannominato Jack O'Lantern, e durante la notte di halloween è possibile vederlo vagare nell'oscurità. Per 3 persone:

1 k di zucca
100 g di gorgonzola
50 g di gherigli di noci
2 rametti di timo
3 cucchiai di olio
sale, pepe nero

Private la zucca della buccia esterna, dei semi e tagliatela a cubetti, mettetela in forno a 220° per 35 minuti. Se potete vi consiglio però di usare un forno a microonde in modo da ridurre notevolmente i tempi e l'energia. In questo caso ponete i dadini di zucca con un dito d'acqua in una pirofila e coprite, cuocete a potenza massima per 7 minuti rigirando a metà cottura. Lasciate riposare nel microonde a fine programma per 3 minuti. Scolate la zucca e adagiatela su una teglia, regolate di sale, spolverate col timo e il pepe nero e irrorate con l'olio. Disponete qua e la dei fiocchi di gorgonzola e le noci tagliate a pezzettini. Infornate la zucca gorgonzola e noci a 180° per 15 minuti. Servite ben calda.







lunedì 3 novembre 2014

PEPERONI RIPIENI

Questa versione dei peperoni ripieni è molto gustosa, grazie all'indovinato connubio della mortadella con la salsiccia, unita alla dolcezza dei peperoni. Ed è proprio della mortadella che voglio parlarvi oggi, questo salume tutto italiano tipico del bolognese. Le sue origini sono antichissime, e oggigiorno la mortadella di Bologna vanta il marchio IGP, anche se nel lontano 1661 fu addirittura pubblicato un bando cardinalizio, allo scopo di tutelare i produttori locali di mortadella, secondo il quale l'insaccato veniva prodotto nella città di Bologna "ab antiquo", cioè fin dai tempi più antichi. Tutto ciò anche perché, i produttori stessi di mortadella misero in giro la voce che il prodotto era costituito per lo più da carne di piccoli asinelli, proprio allo scopo di preservare la segretezza della ricetta. Questa diceria è arrivata sino ai giorni nostri ed è legata ad un'antica storiella. Si dice infatti che nel 1706, un missionario domenicano francese, tale Jean-Baptiste Labat, di ritorno in patria dai territori francesi dei Caraibi, passò per Bologna. Assaggiata la mortadella, rimase stupito dalla sua bontà e iniziò a chiedere in ogni osteria come facessero a produrre quel fantastico salume. I produttori bolognesi, gelosissimi della ricetta originale, gli rispondevano nei modi più fantasiosi e svariati: chi asseriva di usare carne di manzo, chi di cacciagione, chi di cinghiale. Ma la risposta più impressionante, probabilmente, fu quella che diede un oste quando affermò che per fare la sua ottima mortadella, lui macellava degli asinelli appena nati! Così tanto cruenta quanto favolistica, questa voce è giunta fresca fresca fino ai nostri giorni. Ma in realtà come si produce la mortadella di Bologna IGP? Orbene, ne siamo sicuri! Per la felicità dei poveri cuccioli di equini (un po meno per i suini!) sappiamo che la mortadella si fa esclusivamente con carni di maiale selezionate e accuratamente macinate. Al salume viene data la tipica forma ovale, nella quale vengono inseriti il 15% di pezzettini di grasso, i cosiddetti "larderelli", provenienti dalla gola del maiale. Viene cotta in stufe ad aria secca, dopodicché viene lavata con acqua fredda. L'ultimo passaggio viene effettuato in celle frigorifere che permettono alla mortadella di stabilizzare, anche al suo interno, la temperatura ideale. Per 4 persone:

8 peperoni
150 g di mortadella
150 g di salsiccia
2 uova
2 cucchiai di pangrattato
200 g di emmental
olio, sale, pepe nero

Pulite i peperoni eliminando i semi, i filamenti bianchi interni e lavandoli, quindi preparate il ripieno. Tritate insieme la mortadella e la salsiccia, dopo aver spellato quest'ultima e ponetele in una terrina. Incorporatevi le uova e il pangrattato, salate e pepate. Mescolate con cura. Con questo impasto riempite tutti i peperoni, tagliate l'emmental a cubetti e disponeteli qua e la sulla superficie dei peperoni. Sistemateli in una teglia da forno e lasciateli cuocere a 200° per 45 minuti. potete servire i peperoni ripieni sia caldi che freddi.


lunedì 27 ottobre 2014

SPAGHETTI CON SURIMI E OLIVE TAGGIASCHE

Oggi per voi ho preparato un bel piatto di spaghetti con surimi e olive taggiasche, un primo dall'abbinamento insolito che mostra il contrasto dolce della polpa di granchio con quello deciso delle olive taggiasche. E se nel frattempo i vostri bambini non hanno voglia di mangiare, raccontategli quest'antica favola giapponese del granchio e della scimmia macaco dalla faccia rossa. C'erano una volta un granchio e una scimmia che erano molto amici. Un giorno, durante una passeggiata vicino ad un ristorante, il granchio trovò per terra una polpetta di riso e la scimmia un semino di cachi. Quest'ultima, molto golosa, aveva voglia di mangiare la polpetta e propose all'amico lo scambio. Il granchio, pur rimanendo a bocca asciutta, accettò. Ma con molta furbizia, decise subito di piantare il semino, e in men che non si dica spuntò dalla terra una rigogliosa piantina, che ben presto diventò un maestoso albero carico di frutti. Il granchio, orgoglioso, voleva assaggiarne qualcuno ma non riusciva a raggiungerne nessuno. Così chiamò la sua amica scimmia e le chiese il favore di arrampicarsi sull'albero e di raccogliere qualche cachi per entrambi. La scimmia salì e iniziò a mangiare. I frutti erano dolcissimi e ne mangiò tanti, uno dietro l'altro pensando solo a se stessa. Quando il granchio reclamò un frutto, per tutta risposta la scimmia scacciò l'amico lanciandogli addosso i frutti ancora acerbi. Il povero granchio tornò a casa tutto dolorante. Stava così male che i suoi amici l'ape, il mortaio e la castagna andarono a fargli visita. Ascoltando il racconto del granchio, i tre decisero di vendicarlo e gli proposero di invitare a pranzo la scimmia. Così fu fatto, e quando questa giunse, la fecero accomodare attorno al focolare. D'improvviso la castagna, nascosta fra i carboni ardenti, esplose colpendo il muso della scimmia tanto forte da lascialo tutto rosso. A quel punto intervenne l'ape che le punse tutto il sedere, così da farlo diventare grosso e rosso. Quindi fu la volta del mortaio che urlò alla scimmia di chiedere scusa al granchio. La scimmia, fra le lacrime, ubbidì all'istante, e da quel giorno vissero tutti insieme d'amore e d'accordo. Tuttavia, il sedere e il muso del macaco sono ancora oggi di un bel rosso porpora. Per 2 persone:

100 g di surimi
2 cipollotti
40 g di olive taggiasche
160 g dispaghetti
1 rametto di prezzemolo
olio, sale, pepe nero

Tritate finemente i cipollotti e lasciateli imbiondire in una padella con abbondante olio a fuoco moderato. Nel frattempo tagliate a rondelle i bastoncini di surimi e riducete a pezzettini le taggiasche. Tritate il prezzemolo e aggiungetene metà in padella con le olive e il surimi. Fate soffriggere a fuoco basso per 5 minuti. Cuocete la pasta e, una volta al dente, scolatela e saltatela in padella. Servite gli spaghetti con surimi e olive taggiasche dopo aver decorato ogni piatto con una spolverata di pepe nero e il rimanente prezzemolo tritato.






venerdì 24 ottobre 2014

CROSTINI FANTASIA DI COLORI

Dovete improvvisare un antipasto? I crostini fantasia di colori sono ciò che fa per voi: velocissimo da preparare, porterà allegria sulle vostre tavole con la varietà degli ingredienti che riuscirete a recuperare dal frigo e dalla dispensa. Io provo a suggerirvi qualcosa, ma date pure libero sfogo alla vostra fantasia e gusto! Il mio effetto cromatico l'ho ottenuto usando il prezzemolo, la paprica dolce, i semi di sesamo e quelli di senape. E' proprio quest'ultima che voglio descrivervi oggi. La senape, scientificamente detta "brassica nigra" o "sinapis", è una pianta erbacea molto diffusa in Europa, India e Sri Lanka,


i cui frutti sono piccole sfere brillanti dal colore rosso scuro o giallo paglierino. Nel primo caso sono piccoli e molto aromatici, nel secondo hanno una forma tondeggiante e risultano pungenti nel sapore. Se vengono pestati con un liquido acidulo, attivano un enzima che sprigiona quel caratteristico sapore pungente, tipico di questa spezia. Rinomato ingrediente di mostarde e salsine in Europa, in India si usa nell'olio caldo per insaporire le verdure e se ne ricava anche un ottimo olio alimentare. Per 2 persone:

8 crostini
250 g di stracchino (o altro formaggio cremoso)
1 ciuffo di prezzemolo
2 cucchiaini di semi di sesamo
2 cucchiaini di semi di senape
2 cucchiaini di paprica dolce

Tritate il prezzemolo, e dividete il formaggio in 4 coppette diverse. Aggiungete in ognuna di esse una spezia e mescolate. Spalmate il composto ottenuto di ogni coppetta su 2 crostini. Disponete i crostini fantasia di colori in un piatto da portata e servite in tavola.


martedì 21 ottobre 2014

SOUFFLE' ALLE NOCI

Buon martedì a tutti i miei fedeli lettori! Perché non addolcire questo inizio settimana autunnale con un bel dolcino tipico di questa stagione? Allora ecco a voi un bel soufflé alle noci, semplice e veloce da preparare, ottimo al palato. Simbolicamente l'albero delle noci ha un significato abbastanza bivalente: da un lato è legato a malefici e streghe, dall'altro rappresenta il rinnovamento e la trasformazione. Non a caso il noce viene associato al numero 9 (9 sono i mesi di gravidanza, 9 il passaggio dall'unità alla decina, 9 il numero della completezza), che nella mitologia giudaica appunto rappresenta un passaggio di stato importante e di buon auspicio. Dunque il noce veniva visto come portatore di oggetti di valore e cose preziose, in altre parole era considerato un portafortuna. Come dicevo prima, il noce ha un significato a duplice valenza, addirittura di vita e di morte, perché una leggenda greca consacrava alla Dea Ecate, grande Madre lunare e malefica, la pianta, sotto la quale Ecate stessa soleva riunirsi con altre consorelle per rafforzare i loro poteri nefasti. Al contempo il frutto della noce era visto, anche nell'antica  Grecia, come simbolo di rigenerazione e rinnovamento. Tutt'oggi, la superstizione popolare suggerisce di appendere in casa un rametto di noce per proteggersi dal malocchio, e la tradizione contadina dettava la ferrea regola di non posizionare stalle e altri ricoveri per animali accanto ad un albero di noce, allo scopo di evitare il deperimento del bestiame. Per 2 persone:

40 g di gherigli di noci (più quelli per decorare)
4 uova
5 savoiardi
4 cucchiai di zucchero
liquore alle noci
burro
zucchero a velo

Separate gli albumi dai tuorli e sbattete quest'ultimi con lo zucchero finché non saranno spumosi. Incorporate i gherigli tritati. Montate a neve ben ferma gli albumi e uniteli al composto preparato precedentemente, rigirando dall'alto verso il baso. Imburrate e spolverizzate con lo zucchero a velo 2 stampi per soufflè di 13 cm di diametro e 5 di altezza. Tritate grossolanamente i savoiardi e inzuppateli con il liquore alle noci. Versate metà della preparazione all'uovo nei due stampi, ricoprite con uno strato di savoiardi imbevuti e infine con la restante cremina all'uovo. Infornate a 210° per 15 minuti. A cottura ultimata sformate i soufflè alle noci, spolverizzate con lo zucchero a velo, guarnite con qualche gheriglio e servite subito in tavola.

venerdì 17 ottobre 2014

PEPERONI GRATINATI AL FORNO

I peperoni gratinati al forno rappresentano un grande classico e sono ottimi anche da assaporare freddi. Questo profumatissimo contorno mi rimanda la memoria ad una famosa storiella della mia amata terra natale, la Calabria, che oggi voglio raccontarvi in questo post. Si racconta che un giovane ragazzo originario di Castrovillari andò a Roma a fare il militare. Erano i tempi in cui il servizio di leva era obbligatorio e i giovani rispondenti alle armi erano pagati 400 lire al giorno! Il ragazzo aveva l'abitudine di recarsi con un gruppo di suoi amici commilitoni presso una trattoria della capitale per cena, per assaporare un abbondante piatto di pasta. I militi erano soliti poi rimanere fino a tardi sorseggiando vino e chiacchierando allegramente fra loro. Una sera, a tarda ora, il giovane castrovillarese notò appese sul camino della trattoria alcune filiere di peperoni rossi, tutti impolverati e secchi. A quella visione e pensando ai sapori della sua terra, gli venne una gran fame, alché chiese al proprietario se potesse prenderne qualcuno per mangiarlo. Gentilmente il buon uomo glieli offerse. Il ragazzo li prese, li lavò accuratamente e li riempì d'olio. Quindi li mise a riscaldare al calore del camino. Ed ecco che in breve tempo tutti si ritrovarono scherzosamente bevendo dell'ottimo vino dei colli romani, accompagnato dai profumatissimi peperoni alla castrovillarese. Da allora il proprietario della trattoria si trovò a proporre ai suoi esigenti clienti questo contorno tipico della cucina Calabrese, riscuotendo un enorme successo. Per 4 persone:

3 peperoni
3 spicchi d'aglio
1 ciuffo di prezzemolo
300 g di pomodori perini
50 g di capperi
100 g di pecorino grattugiato
4 cucchiai di pangrattato
4 cucchiai di olio
sale, pepe nero

Lavate i peperoni, apriteli a metà e privateli dei semi. Divideteli quindi in listarelle sottili.


Ungete con un filo d'olio una pirofila e stendetevi un primo strato di listarelle di peperoni, quindi cospargetele di una parte di un trito fatto con l'aglio e il prezzemolo. Disponete qua e la alcuni pomodori lavati, aperti, privati di semi e tagliati a dadini. Salate, pepate, distribuite una manciatina di capperi e spolverizzate con il pecorino. Procedete con un altro strato così da esaurire tutti gli ingradienti. Terminate con un'abbondante manciata di pangrattato e irrorate con l'olio. Introducete in forno caldo a 200° per 20 minuti e servite ben caldi questi profumatissimi peperoni gratinati al forno.


martedì 14 ottobre 2014

SGOMBRO SUL LETTO DI PATATE AL FORNO

Lo sgombro sul letto di patate è un secondo di pesce davvero leggero ma allo stesso tempo molto saporito, ottimo per chi vuole soddisfare il gusto rimanendo in forma. Infatti, con il suo apporto calorico modesto (163 kcal per 100 g di prodotto) lo sgombro è un pesce azzurro ricco di acidi grassi polinsaturi, i famosi omega 3, capaci di combattere il famigerato colesterolo LDL, cioè quello cattivo. Lo sgombro è così ricco di proprietà tanto da essere considerato un vero e proprio integratore di proteine e vitamine da parte di tutti i nutrizionisti, insomma, è sicuramente il principe fra il pesce azzurro! Proprio per questo motivo lo sgombro è particolarmente indicato nelle diete dei più piccoli e degli anziani. Ma come si presenta lo sgombro?
E' un pesce molto bello con una particolarissima tigratura sulla parte superiore del dorso che presenta delle sfumature che vanno dall'azzurro intenso al verde. E' lungo dai 20 ai 50 centimetri, ha la testa abbastanza appuntita e il corpo filiforme. Lo sgombro è diffusissimo nel Mare Nostrum, ma si pesca molo anche nell'Atlantico settentrionale e nel Mar del Nord, laddove ha l'abitudine di spostarsi in branchi. E' molto facile da reperire tanto nelle pescherie quanto nei supermercati ad un prezzo molto ragionevole, dunque, approfittiamo! Per 2 persone:

1 sgombro da circa 400 g
2 patate medie
2 spicchi d'aglio
1 rametto di origano
1 rametto di rosmarino
olio, sale

Sbucciate le patate e tagliatele a fette di circa 1 cm. Lasciatele bollire per 5 minuti, scolatele e adagiatele su di una placca da forno. Decapitate lo sgombro, evisceratelo e lavatelo. Tagliatelo a metà nel senso della lunghezza e disponetelo accanto alle patate. Tritate l'aglio e riducete a pezzettini le erbe aromatiche, che distribuirete un po' sulle patate, un po' sullo sgombro. Regolate di sale, cospargete d'olio ed infornate a 170° per 20 minuti. Servite lo sgombro sul letto di patate al forno ponendo le patate sulla base del piatto da portata e adagiandovi sopra lo sgombro.


lunedì 13 ottobre 2014

PASTA E CAROTE

La pasta e carote è un allegro primo piatto alternativo, colorato e... croccante. La dolcezza delle carote, che le rende al mio palato molto golose, mi ha spinta ad ideare questa ricetta un po' vellutata dal contrasto fragrante dello speck. Il colore originale della carota, come vi scrivevo nel post "Mattonella soffice alle carote" non è l'arancione. In ogni caso, attualmente, si conoscono 5 tipi di carota: quella che spadroneggia sulle nostre tavole, la classica arancione che è ricchissima di vitamina A, in misura minore anche della B e della C. La carota gialla, generosa di luteina, che è la particolare vitamina che custodisce la macula dell'occhio. Poi esistono la carota bianca e quella rossa, che non hanno molta rilevanza da un punto di vista nutrizionale. Infine abbiamo la pittoresca carota viola, la più interessante per il benessere del nostro organismo in quanto abbonda di antiossidanti che combattono i radicali liberi e stimolano una corretta circolazione. La classica carota arancione viene molto utilizzata anche nella cosmetica, infatti il suo estratto oleoso mantiene integri i tessuti della pelle e la regolare funzione delle membrane cellulari. Questo grazie alla massiccia presenza in essa dei famosi caroteni. Per 4 persone:

300 g di carote
350 g di pasta
100 g di speck
200 g di latte
1 scalogno
1 rametto di prezzemolo
olio, sale, pepe rosa

Tagliate lo scalogno finemente e lasciatelo rosolare in una padella per 5 minuti con un cucchiaio d'olio, quindi aggiungete le carote tagliate a rondelle e continuate a soffriggere per circa 1 minuto. A questo punto incorporate il latte e cuocete a fiamma bassa per 4-5 minuti. A fine cottura aggiungete il prezzemolo tritato, regolate di sale e pepe e frullate fino ad ottenere una crema. Mentre cuocete la pasta, tagliate a striscioline lo speck e fatelo diventare croccante in padella. Scolate la pasta e saltatela con la crema di carote a fuoco vivo per 1 minuto. Servite la pasta e carote guarnita con i pezzettini di speck.



venerdì 10 ottobre 2014

INVOLTINI DI PROSCIUTTO ALLA ZUCCHINA E CRESCENZA

Gli involtini di prosciutto alla zucchina e crescenza sono un fresco antipasto da preparare in anticipo. Anche se non rappresenta l'ingrediente principale della ricetta, mi piace ritornare a scrivere qualcosa sulla zucchina, ortaggio che io adoro per la sua dolcezza e per la sua versatilità in tutte le preparazioni. Per l'appunto può essere utilizzato dall'antipasto al dolce. Si, dico bene, un dolce fatto con la zucchina, che presto vi proporrò. Per fortuna è reperibile in commercio tutto l'anno, ma la sua stagione è l'estate. Infatti, volendo seguire il decorso naturale, la zucchina va piantata a maggio - giugno, quando la temperatura è al di sopra dei 20°, per poi essere raccolta un paio di mesi dopo. Essa arriva a raggiungere anche un metro di lunghezza, ma sviluppa al suo interno dei semi molto grossi che la rendono immangiabile. Zucchine di questa portata non si trovano in commercio, ma io ho la fortuna di averle nel mio frigo, e vi assicuro che sono eccellenti, dolcissime, una volta eliminata la polpa interna piena di semoni. Per cui, quelle che dal supermercato arrivano sulle nostre tavole sono, di fatto, ortaggi ancora acerbi! E sempre parlando delle dimensioni della zucchina c'è da dire che qualche anno fa l'Italia, che ne è una grande produttrice, è entrata a far parte del Guinness dei Primati: in provincia di Ferrara è stata raccolta una zucchina che misurava 2 metri, la più lunga del mondo. Per 4 persone:

250 g di prosciutto cotto in fette
2 zucchine
1 cipolla
250 g di crescenza
1 rametto di menta
sale, olio

Mondate le zucchine e tagliatele a listarelle, riducete la cipolla a julienne e mettete tutto in padella con 1 cucchiaio d'olio e il sale. Coprite con un coperchio e cuocete a fiamma moderata per circa 15 minuti rigirando di tanto in tanto. Togliete le zucchine dal fuoco e spezzettate su di esse le foglioline di menta, rimestate e lasciate freddare. Nel frattempo sistemate su un tagliere le fette di prosciutto cotto e adagiate su di un lembo un cucchiaio di crescenza, di fianco un cucchiaio di zucchine e rigirate la fetta di prosciutto cotto su se stesso, in modo da formare l'involtino. Sistematelo sul piatto da portata. Procedete allo stesso modo fino all'esaurimento di tutti gli ingredienti. Gli involtini di prosciutto alla zucchina e crescenza sono comodissimi perché possono essere preparati il giorno prima di essere serviti in tavola, ben freschi.


mercoledì 8 ottobre 2014

TORTA DI ZUCCA

Finalmente la stagione della zucca! Allora lasciamoci tentare da una golosissima torta di zucca, soffice e dal sapore autunnale. Per quanto buona e ricca di qualità nutritive, la zucca presenta anche una peculiarità molto particolare: il legame che ha con la musica. Ebbene si, fin dai tempi più remoti la zucca veniva utilizzata come cassa di risonanza per strumenti a corda colpita o pizzicata. Ma non solo per questi, infatti la zucca veniva impiegata (cosa che avviene anche oggigiorno) nella fattura di alcuni strumenti a percussione, come ad esempio le maracas, costruite con semplici zucche riempite da sassolini. Se facciamo il giro del mondo troviamo in ogni angolo degli strumenti particolari forgiati dalla zucca: in India, per esempio, gli incantatori di serpenti usano uno strumento a fiato fatto con una zucca vuota. Ma l'Africa detiene il record: il continente nero può vantarsi dell'utilizzo maggiore di strumenti fatti con la zucca: il tamburo ad acqua, diversi tipi di xilofono, numerosi strumenti a fiato. Molto caratteristico è il "manza", un particolare xilofono a cinque tasti che sono fissati al di sopra di cinque zucche aperte con delle cordicelle, diffuso moltissimo in Zaire. Senza andare troppo lontano, nel nostro bel paese è stata portata avanti un'iniziativa del tutto innovativa: l'assessore alla cultura e all'agricoltura di Canda in provincia di Rovigo, ha chiamato a raccolta i musicisti del conservatorio di Rovigo, organizzando un concerto con musiche di Mozart legate in qualche modo al mondo della zucca, allo scopo di riscoprire antiche culture e tradizioni. Onore e merito all'assessore!

350 g di zucca
1 uovo
150 g di zucchero
250 g di farina
100 ml di latte
50 g di burro
1/2 cucchiaino di cannella
1 bustina di lievito
1 cucchiaio di cacao a amaro
1 cucchiaio di zucchero a velo

Mondate la zucca, riducetela a quadrotti e cuocetela in forno a 200° per 40 minuti o nel forno a microonde a massima potenza, coperta, per 10 minuti, quindi schiacciatela al meglio con una forchetta. Sbattete lo zucchero con l'uovo finché non sarà montato, aggiungete il burro fuso, la cannella e la polpa di zucca. Unite a pioggia la farina ed in ultimo il lievito lasciato disciogliere per 1 minuto nel latte. Sbattete bene il tutto e infornate a 180° per 35 minuti. Prima di servire la torta di zucca spolverate a piacere con uno strato di cacao amaro e di zucchero a velo.


lunedì 6 ottobre 2014

SFORMATINI DI VERZA ALLA CREMA DI FORMAGGIO

Gli sformatini di verza alla crema di formaggio sono un gustoso modo alternativo per gustare la verza dal sapore a volte intenso. Il cavolo verza si sa, è ricchissimo di proprietà nutritive e un fedele alleato della nostra salute. Il consumo regolare preserva il nostro organismo da agenti cancerogeni. Inoltre, il noto scrittore ed erborista francese Maurice Mességué, si impegnò soprattutto durante gli anni settanta, a diffondere la cultura dei rimedi naturali. Difatti, nel suo trattato "Ha ragione la natura", esalta le proprietà terapeutiche della verza. Per esempio, asserisce che una foglia di verza triturata e applicata su ustioni, punture d'insetto, ascessi, foruncoli, piaghe, screpolature, possa favorire la cicatrizzazione alleviando il dolore. Mességué raccomanda di scaldare le foglie di verza e di applicarle calde sulle parti doloranti tipo le articolazioni, stomaco e gola. Frullando la foglia di cavolo, si ottiene un concentrato, scrive sempre Mességué, che se bevuto con un cucchiaio di miele disciolto dentro, risulta essere un vero toccasana contro le infiammazioni della gola e del tratto esofageo. Se non si sopporta il sapore troppo intenso, è allo stesso tempo molto efficace un semplice gargarismo. Per 4 persone:

400 g di verza
250 ml di panna da cucina
3 uova
1 cipolla
100 g di fontina
2 dl di latte
20 g di maizena
1 rametto di prezzemolo
1 foglia di alloro
olio, sale, pepe nero

Lavate la verza eliminando la costa centrale e tagliatela a listarelle. Riducete a pezzettini la cipolla e lasciatela rosolare in 3 cucchiai d'olio, quindi aggiungete la verza e la foglia d'alloro, salate e pepate.
Aggiungete 1/2 bicchiere d'acqua, coperchiate e lasciate cuocere a fiamma dolce, rigirando di tanto in tanto, fino all'assorbimento dei liquidi. Fate raffreddare e conservate qualche strisciolina di verza per la presentazione del piatto. Ponete il composto in una ciotola con il prezzemolo sminuzzato, le uova, la panna e un pizzico di sale. Frullate il tutto e disponete il composto negli stampini, quindi infornate a 180° per 1 ora. Nel frattempo preparate la fonduta portando ad ebollizione il latte nel quale dovete stemperare la maizena già disciolta in un cucchiaio d'acqua. Incorporate la fontina a cubetti e mescolate finchè non sarà completamente disciolta. Toglietela dal fuoco, levate dagli stampini gli sformatini di verza alla crema di formaggio e serviteli in tavola accompagnati dalla fonduta ben calda con una  spolverata di pepe nero.



venerdì 3 ottobre 2014

VITELLO AL FORNO CON PATATE

Il secondo di oggi è il vitello al forno con patate, una pietanza che può essere presentata come piatto unico, leggera e allo stesso tempo ricca di nutrienti essenziali. Voglio legare la ricetta del vitello al forno con patate ad una macabra leggenda anglosassone, diffusa in particolare nel Norfolk, east Anglia e Devon. Parliamo del famigerato Black Shuck, il cane infernale dal pelo lungo e nero che si trasforma in un enorme vitello inquietante dagli occhi di fuoco. Si narra che questa orrenda creatura demoniaca sia il fantasma del cane di Odino, portato dai Vichinghi sulle isole britanniche, e che abbia dunque origini scandinave. Il vitello Black Shuck ha l'abitudine d'apparire in luoghi molto spettrali, coperti dalla nebbia e tristi, nelle paludi o nelle brughiere. Quando il grosso vitello incontra un sfortunato viandante, si blocca gonfiandosi misteriosamente, fissa il povero malcapitato per una decina di minuti con i suoi occhi malvagi giallo-rossastri, emette un raccapricciante suono per poi dileguarsi nella penombra. Fin qui "tutto quasi bene" per chi malauguratamente si trova di fronte il vitello, a parte l'enorme spavento. Se non che per l'appunto la leggenda vuole che nel giro di pochi giorni dallo sfortunato incontro, qualcuno andrà incontro a morte certa, o lui povero sventurato o un membro della sua famiglia. Per 2 persone:

400 g di spezzatino di vitello
1 cipolla
4 patate
1 rametto di rosmarino
1 foglia d'alloro
1 rametto di origano
1/2 bicchiere di vino bianco
olio, sale, pepe nero

La preparazione del vitello al forno con patate è davvero semplicissima: basta mettere tutto insieme in una tortiera le patate pelate e tagliate a quadrotti, la spezzatino di vitello, la cipolla ridotta finemente, e le spezie finemente sminuzzate. Non vi resta che salare e pepare e irrorare il tutto con il vino bianco. Cuocete il vitello al forno con patate a 200° per circa un'ora, rigirandolo a metà cottura. Servitelo in tavola ben caldo.


sabato 20 settembre 2014

RISOTTO ALLE CHIOCCIOLINE DI MARE

Il risotto alle chioccioline di mare è un vero sfizio, se ancora la voglia di mare ci assale, portiamola in tavola con questo primo gustosissimo e di grande effetto per i commensali. Dunque protagoniste di oggi sono le chioccioline di mare, io le ho scoperte da poco, ma sono davvero semplici da preparare e molto golose. Fra l'altro, oltre a poter realizzare dei manicaretti molto vivaci e di sicuro effetto, le chioccioline di mare sono dei molluschi con innumerevoli proprietà. Sono molto ricche di proteine ed hanno un bassissimo contenuto di carboidrati, i grassi sono quasi assenti. Le chioccioline di mare forniscono anche un ottimo apporto di sodio, potassio e ferro. L'unica indicazione è che devono essere acquistate vive e consumate necessariamente cotte, perché sviluppano un alto rischio di contaminazione virale. Le chioccioline di mare vivono a basse profondità che non superano quasi mai i 20 metri, prediligendo i fondi sabbiosi. Quindi è molto semplice pescarle semplicemente rastrellando il fondale, ma consiglio sempre di acquistarle perchè esistono specie molto simili fra di loro ma non sempre commestibili. La chiocciolina di mare che può allietare i nostri palati è lunga 2-3 centimetri, di colore giallo bruno con striature verdognole e guscio liscio. Quindi occhio alla pesca "fai da te"!!! Per 4 persone:

300 g di riso
1 k di chioccioline di mare
1 cipollotto
3 pomodori S. Marzano maturi
1 spicchio d'aglio
1 bicchiere di spumante
1 l di brodo
1 ciuffo abbondante di prezzemolo
4 cucchiai di aceto balsamico
4 cucchiai d'olio
sale, peperoncino

La prima operazione è il lavaggio delle chioccioline di mare sotto l'acqua corrente, poi vanno messe a riposare in una ciotola per un paio d'ore coperte di acqua fredda. Trascorso il tempo, mettete le chioccioline di mare in un tegame a rosolare per 10 minuti con 2 cucchiai d'olio, il peperoncino, metà del prezzemolo e l'aglio tritati e i pomodori ridotti anch'essi finemente. In un altro tegame fate appassire la cipolla sminuzzata con gli altri 2 cucchiai d'olio, incorporate il riso e sempre rigirando fatelo tostare per un paio di minuti, aggiungete lo spumante e quando sarà evaporato quasi totalmente aggiungete il brodo caldo un mestolo alla volta. 5 minuti prima della cottura del riso, unitevi le chioccioline di mare e l'aceto balsamico, portandolo a cottura sempre rigirando. Prima di servire ben caldo in tavola il risotto alle chioccioline di mare, decorate ogni piatto con abbondante prezzemolo tritato.





sabato 13 settembre 2014

FOCACCIA ALLA ZUCCA

La focaccia alla zucca è soffice e colorata, ottima da proporre come antipasto o in un aperitivo sia calda che fredda. La zucca è un ottimo ortaggio con tante peculiarità della frutta, in quanto la maggior parte delle qualità risultano al palato molto zuccherine. Probabilmente una delle caratteristiche più apprezzate della zucca è il fatto che, pur essendo un alimento a bassissimo apporto calorico (solo 17 calorie ogni 100 grammi di prodotto) ha un alto potere saziante. La zucca è molto ricca della vitamina A, come d'altronde tutti gli alimenti color arancio. Il beneficio tratto dal nostro organismo di questo suo pregio è la rigenerazione cellulare e la formazione di nuovo tessuto epiteliale. Sempre per quanto riguarda la salute delle nostre cellule, l'elevata presenza di sodio fa in modo che esse vengano equilibrate a livello idrico. Inoltre è molto ricca di potassio, che rende la zucca un importante sintetizzatore di alcuni enzimi, nonché un facilitatore nella trasmissione degli impulsi nervosi. Che dire... come al solito madre natura porta la medicina sulle nostre tavole! Altro non c'è da fare che gustare i nostri golosi manicaretti. Per 6 persone:

350 g di zucca
350 g di farina
100 g di acqua
5-6 pomodorini
1 cubetto di lievito di birra
3 cucchiai d'olio
15 g di sale

Scaldate l'acqua in modo da renderla tiepida e discioglietevi il cubetto di lievito. Impastate con 100 g di farina e lasciate lievitare per 1 ora in un ciotola coperta con un canovaccio in un luogo riparato. Intanto cuocete la zucca in forno a 200° per 40 minuti o al microonde alla massima potenza per 10 minuti. Schiacciate la zucca e impastatela con l'altra farina, il sale e l'olio. Quindi aggiungete il panetto lievitato e ammassate per benino, lasciatelo lievitare ancora per 1 ora. L'impasto risulterà molto morbido. A questo punto lo potete stendere in una teglia da forno di circa 30 cm di diametro e guarnirlo con i pomodorini spaccati. Fatelo riposare per gli ultimi 30 minuti, quindi infornate la focaccia di zucca a 180° per 35-40 minuti.


lunedì 8 settembre 2014

CROSTATA DI FICHI

Il dolce di oggi è un classico, una semplice crostata, ma impreziosita da un dolcissimo frutto di stagione: il fico. La crostata di fichi è un dolce tipico d'inizio settembre, semplice e originale, con una base di pasta frolla, crema pasticciera a frutta fresca. Il fico, ottimo dono di madre natura, legato a numerose leggende, antiche ma sempre belle da ricordare. Come per esempio possiamo collegare la sacralità del fico al mito della nascita di Roma e alla leggenda di Romolo e Remo. Tutti noi sappiamo che il Dio Marte si unì con la forza alla vestale di Alba Longa, la bella Rea Silvia. Dalla loro unione nacquero Romolo e Remo. I due gemelli furono brutalmente strappati dalle braccia della madre per essere uccisi in quanto erano prole illegittima. Fortuna volle che un servo, mosso a compassione, li adagiò in una cesta e li affidò alle correnti del fiume Tevere. Dolcemente furono cullati in queste acque, finché la cesta non si incagliò fra le radici di un fico che cresceva lungo le sponde del fiume. E' proprio lì, all'ombra del fico, che Romolo e Remo furono trovati e allattati dalla lupa. Ecco perché il fico è collegato alla fondazione della città eterna, e di conseguenza, fin dall'antichità, considerato sacro. In particolar modo l'albero di fico era venerato dai pastori, i quali erano soliti portare sotto di esso delle otri di latte.

pasta frolla
1/2 l di crema pasticciera
8 - 10 fichi freschi

Preparate la pasta frolla con la ricetta che trovate qui. Mentre riposa in frigo per almeno una mezz'ora, avrete il tempo di preparare la crema pasticciera con quest'altra ricetta che trovate qui. A questo punto tirate la pasta frolla in una tortiera di circa 26 cm alzando un pochino i bordi laterali e versatevi su la crema pasticciera. Private i fichi della buccia esterna e divideteli in quarti. Disponeteli sullo strato di crema pasticciera e infornatela a 180° per 20-25 minuti. Servite la crostata di fichi ben fredda.




giovedì 4 settembre 2014

FACCINE DI POMODORO

Le faccine di pomodoro sono state ideate per tutti i bambini, soprattutto quelli più capricciosi che non adorano verdure e ortaggi. Se poi mentre gli date da mangiare gli raccontate questa favola, il successo è assicurato. C'era una volta una bambina di nome Flò, che viveva in campagna con la sua mamma ed una capretta. Erano molto povere, così, quando la bestiola non dava più tanto latte, la mamma decise di venderla per ottenerne qualche soldino. Dunque disse a Flò di recarsi al mercato per ricavarne un buon affare. Così fece la bambina, ma durante il tragitto verso il villaggio incontrò un uomo, che le propose un curioso scambio: capretta in cambio di semi magici di pomodoro. Flò accettò, ma quando tornò a casa, la mamma su tutte le furie la mandò a letto senza cena, lanciando nell'orto la manciata di semi magici di pomodoro. L'indomani mattina, al risveglio, la bambina vide di fronte casa un'enorme pianta di pomodoro che saliva al cielo. Stupita e incuriosita dal fatto che sotto ci fosse una magia, decise di scalare la pianta di pomodoro per vedere dove mai portasse. Sali sali, arrivò in cima ad una pianura bellissima, in fondo alla quale troneggiava un fantastico castello. Decise di entrare e rimase stupita dalla bellezza dell'interno. La bambina fu ricevuta dal re e dalla regina con tutti gli onori, la fecero sedere a tavola e la saziarono con ogni ben di Dio. Flò raccontò loro la sua triste storia di bambina che cresceva fra gli stenti e i morsi della fame con la sua povera mamma. Commossi il re e la regina decisero di regalarle una papera che faceva le uova d'oro. In più invitarono la bambina e la sua mamma ad arrampicarsi sulla pianta magica di pomodoro tutte le volte che desideravano per saziarsi a crepapelle. Fuori di se dalla gioia, Flò scese di corsa dalla pianta di pomodoro e raccontò tutto alla mamma, che l'abbracciò chiedendole scusa per non averle creduto. Da allora mamma e figlia non patirono più la fame e condussero una vita dignitosa vendendo le uova d'oro, aiutando tutti i bisognosi, vivendo felici e contente. Per 2 persone:

2 pomodori tondi
250 g di fiocchi di latte
4 olive nere
2 cucchiai di capperi

Tagliate a fette di circa 2 cm il pomodoro, spalmatevi sopra un abbondante cucchiaio di fiocchi di latte, che potete anche sfiziarvi di fare in casa con la ricetta che trovate qui. Tagliate le olive ricavando delle forme triangolari e sistematele al posto degli occhi. Adagiate i capperi a mo' di sorriso e il gioco è fatto. Vedrete che i vostri bambini adoreranno mangiare le faccine di pomodoro.




lunedì 1 settembre 2014

CERVELLO DI VITELLO BOLLITO

Il cervello di vitello bollito è un secondo piatto della cucina contadina naturale e semplice, allo stesso tempo molto buono e facile da preparare. Il cervello di vitello va annoverato fra le frattaglie bianche, di cui fanno anche parte anche la trippa e le animelle (pancreas, e tutte le ghiandole salivari). Il cervello è molto ricco di fosforo e calcio, ma purtroppo anche di colesterolo. La consistenza delle sue carni tipicamente morbida, se pur compatta, lo rende particolarmente indicato nelle diete di anziani e bambini. Difatti questa ricetta mi fa fare un tuffo nel passato, e la preparo sempre con molto piacere. Il cervello di vitello è così morbido in quanto in esso è presente poco tessuto connettivo. Ecco perché è necessario, prima di procedere alla realizzazione di qualsiasi ricetta, farlo bollire per circa 15 minuti in acqua e limone. Grazie a questo procedimento, denominato "acidificazione", vengono innescati due processi: il primo è il riassorbimento delle fibre, il secondo è la coagulazione delle proteine. E' proprio così, grazie a questa tecnica, che tanto le fibre quanto le proteine non andranno disperse nella successiva cottura. Per 4 persone:

1/2 k di cervello di vitello
4 cucchiai di olio d'oliva
1 limone
sale, pepe nero

Anzitutto bisogna procedere alla pulizia del cervello, per cui è necessario sciacquarlo sotto l'acqua corrente e metterlo a bollire per 10 minuti con il succo di 1/2 limone. Quindi si dovrà privare della pellicina esterna. Il grosso è fatto, perché basterà mettere il cervello a lessare per altri 15 minuti in acqua salata, scolarlo e metterlo a raffreddare. Nel frattempo miscelate olio e l'altro mezzo limone. Una volta freddo, si può tagliare il cervello di vitello a fettine dello spessore di circa 2 cm. Disponetelo su un piatto da portata, irroratelo con l'emulsione preparata in precedenza e cospargete di pepe nero. Il cervello di vitello bollito è pronto per essere servito in tavola.


giovedì 28 agosto 2014

PENNETTE ZUCCHINE E PRIMO SALE ALL'ACETO BALSAMICO

Le pennette zucchine e primo sale all'aceto balsamico sono un primo piatto estivo e leggero, impreziosito dal sapore deciso dell'aceto balsamico. Come tutti noi sappiamo, questa prelibatezza nasce in Emilia Romagna, in particolare nelle province di Reggio Emilia e di Modena, escludendo il tratto appenninico al di sopra dei 300 m, laddove non si creano le condizioni ottimali alla produzione dell'aceto balsamico. Tuttavia esiste anche una tradizione Ferrarese per la fattura di questa prelibatezza tutta italiana. Infatti esistono documentazioni in cui si parla di 4 diversi tipi di aceto balsamico (bianco, nero, agresto e forte) che venivano serviti durante i sontuosi banchetti nel ducato Estense, quando Ferrara era nel fior fiore della vita mondana, vantandosi d'essere una delle più belle e raffinate corti d'Europa. La tradizione di Reggio Emilia ci narra invece che il più celebre aceto balsamico era prodotto a Canossa, da un monaco benedettino vissuto fra l'XI ed il XII secolo chiamato Donizone. La fama dell'aceto balsamico di Canossa era ben nota anche all'imperatore di Franconia Enrico II, il quale, durante una visita a Piacenza nel 1046, inviò un suo messo al marchese Bonifacio di Canossa allo scopo di portare via con se alcune botti del famosissimo aceto balsamico. Ciononostante la tradizione più forte e maggiormente documentata è quella di Modena. Sono ormai almeno 2 secoli che l'alimento "Aceto Balsamico" viene etichettato da alcune acetaie in Italia e all'estero come tipico modenese, a partire dal lontano 1500. Con precisione assoluta possiamo affermare che il termine aceto balsamico di Modena risale al 1747, ufficialmente annotato nel registro delle cantine di corte. Per 4 persone:

2 zucchine
200 g di formaggio primo sale
100 g di pennette
1 rametto di menta
4 cucchiai di aceto balsamico
4 cucchiai di olio
sale

Bollite le pennette, levatele dal fuoco al dente e lasciatele raffreddare. Allo stesso tempo tagliate a cubetti le zucchine e sbollentatele in acqua salata. Scolatele quando saranno poco più che croccanti e tenetele da parte. Riducete a pezzettini il primo sale e aggiungete tutti gli ingredienti in una ciotola. Spezzettate le foglioline di menta lasciandone da parte qualcuna per la decorazione del piatto. Rigirate bene il tutto e ponete in frigo la pasta zucchine e primo sale all'aceto balsamico per almeno 1 ora, prima d'essere servita ben fredda.










lunedì 25 agosto 2014

GAZPACHO

Il gazpacho è il coloratissimo aperitivo tipico spagnolo. Light, fresco e veloce da preparare, rallegra con il suo sapore accattivante le tavole estive. Avete mai avuto modo di degustarlo? No??? Allora dovete assolutamente cimentarvi in questa ricetta e a tavola, vi assicuro, farete un figurone! Ricchissimo delle migliori prelibatezze della dieta mediterranea, il gazpacho fonda le sue origini nella cucina povera spagnola, quando i contadini andalusi solevano rinfrescarsi con questa bevanda molto nutriente e leggera dalle fatiche dei campi. Tuttavia oggigiorno il gazpacho viene servito nei più raffinati ristoranti di tutto il mondo a prezzi non indifferenti, diventato nel tempo il tipico aperitivo spagnolo. Sebbene il gazpacho più celebre sia quello di Siviglia, ogni città dell'Andalusia ne possiede una sua versione, anche se gli ingredienti fondamentali e sempre presenti siano il pomodoro, il cetriolo e il peperone. Visitare questi luoghi senza assaggiare il gazpacho è come venire a Napoli e non andare a mangiare la pizza, o passare da Dublino senza bere un grosso boccale di guinness! Il gazpacho regna anche indiscusso protagonista in un famoso film di Pedro Almodovar del 1988: "donne sull'orlo di una crisi di nervi". La protagonista Pepa prepara infatti un gazpacho pieno di narcotici e lo serve ad una flotta di suoi ospiti, addormentandoli, che le sono piombati in casa e che la stanno portando, appunto, sull'orlo di una crisi di nervi! Molte ricette di gazpacho prevedono l'uso di fette di pane, ma quella originale no, l'importante è servirlo molto freddo. Per 4 persone:

4 pomodori ben maturi
1 cetriolo
1 peperone rosso
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
1/2 bicchiere di olio d'oliva
1/2 bicchiere di aceto bianco
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di paprika piccante

Molto semplicemente, si puliscono tutte le verdure e si tagliano a pezzettoni. Si mettono in un mixer con il resto degli ingredienti e si frullano a massima velocità, fino ad ottenere una crema liscia e compatta. Ponete il gazpacho in frigo per almeno un'ora e servitelo ben freddo.


mercoledì 13 agosto 2014

TORTA AL CIOCCOLATO AL MICROONDE

Questa deliziosa torta al cioccolato al microonde è una dolce tentazione pronta in soli 4 minuti di cottura, ideale per soddisfare la voglia di torta senza riscaldare la nostra cucina! Cucinare a microonde ha numerosi vantaggi: il primo fra tutti è, ovviamente, il guadagno di tempo e il conseguente risparmio di energia. Pensate a questa ricetta: normalmente per fare una torta al cioccolato sono necessari dai 30 ai 45 minuti di cottura nel forno tradizionale, cucinandola al microonde ne impieghiamo solo 4! Altro elemento da non sottovalutare è il tipo di cottura, molto più sano e leggero, che ci aiuta a seguire un regime alimentare più equilibrato, visto che viene usata una quantità di grassi ridotta. Di fatto, cucinando al microonde, le pietanze possono essere insaporite con minori dosi di condimenti e anche di acqua. Ciò produce un enorme vantaggio: le vitamine, i sali minerali ed altri elementi nutritivi vengono trattenuti meglio nei cibi. Ma come funziona in realtà la cottura a microonde? In parole povere essa avviene, grazie appunto alla propagazione delle microonde, all'interno degli alimenti. Queste, facendo vibrare le molecole dei cibi, ne generano il movimento, e per frizione avviene il riscaldamento e la conseguente cottura. Quindi non c'è nessun tipo di trasformazione chimica o strutturale agli alimenti. Dunque, l'acqua contenuta nelle pietanze viene trasformata in vapore, che le cuoce. Per questo è molto importante coprire i nostri manicaretti durante tutto il processo di cottura con coperchi appositi. Infine, siccome quest'ultima prosegue ancora per qualche istante dopo lo spegnimento dell'apparecchio, è davvero  fondamentale rispettare anche i tempi di riposo, che hanno oltretutto l'importante funzione di stabilizzare la temperatura all'interno dei cibi. Per 4 persone.

50 g di farina
50 g di burro
0,5 dl di latte
50 g di cioccolato fondente
1 albume
20 g di zucchero
1/2 cucchiaino di lievito

Fondete in un pentolino il burro ed il cioccolato fondente, lavoratelo con la farina e lo zucchero fino ad ottenere un composto liscio, quindi unite il latte a filo e l'albume montato a neve ferma, in ultimo il lievito. Trasferite il composto in una teglia per microonde imburrata e cuocete a media potenza per 3 minuti, lasciate riposare per un altro minuto. Lasciate raffreddare e tagliate a quadrotti la torta al cioccolato al microonde prima di servirla accompagnata a piacere con ciuffetti di panna.


venerdì 8 agosto 2014

MATTONELLA SOFFICE ALLE CAROTE

La mattonella soffice alle carote è molto gustosa, colorata e salutare, ideale anche per gli amici vegetariani, ottimo manicaretto da servire anche freddo. Lo sapevate che in origine la carota è una radice di color viola, rosso e bianco?

Proviene dall'Europa Meridionale e dal Medio Oriente dove furono coltivate per la prima volta a scopi curativi più di 5000 anni fa. Solo nel XII secolo si iniziò a diffondere in tutta Europa, e fu proprio nei Paesi Bassi che venne effettuata una selezione per la quale si arrivò alla carota del tipico colore arancione che noi tutti conosciamo. Gli Olandesi vollero infatti omaggiare con questo gesto la dinastia degli Orange. L'uso nelle cucine italiane avvenne nel '500, quando Caterina Dei Medici la propose in numerose ricette deliziando i commensali della sua corte. Una leggenda associata alla carota è legata al fatto che veniva ritenuta un alimento afrodisiaco. Si credeva, infatti, che durante una notte di luna piena, andasse raccolto un fiore di carota. Vi era la convinzione che stimolasse la produzione degli ormoni femminili e favorisse il concepimento di una nuova vita. Molto probabilmente per questo motivo le donne inglesi, durante il XVI secolo, avevano l'abitudine di intrecciarsi i capelli adornandoli con i fiori della carota. Per 4 persone:

200 g di carote
5 albumi
5 spicchi d'aglio
80 g di grana grattugiato
20 g di burro
400 g di latte
10 g di farina
sale

Bollite l'aglio in 200 g di latte, fino a quando gli spicchi non risulteranno morbidi. Tenete da parte questo concentrato di latte all'aglio che userete a fine preparazione. Lessate le carote mondate e tagliate a rondelle e frullatele. Trasferite questa crema in un pentolino antiaderente, aggiungetevi 10 g di burro e fate asciugare a fuoco lento. Lasciate raffreddare e incorporate il grana. Montate a neve gli albumi con una buona presa di sale. Foderate con carta forno uno stampo a cassetta di 20 cm e riempitelo alternando uno strato della crema di carote con uno di albumi. Ponete in forno preriscaldato per 15' a 200°. Nel frattempo portate ad ebollizione l'altro latte. Fondete a parte il rimanente burro, incorporate la farina a pioggia e la salsina all'aglio passata attraverso un colino preparate in precedenza. Salate e aggiungete poco alla volta gli altri 200 g di latte bollente, mescolando fino ad ottenere un composto fluido piuttosto liquido. Disponete la mattonella soffice alle carote su un piatto da portata, tagliatela a fette e versate accanto la salsina all'aglio.


sabato 19 luglio 2014

OMELETTE ALLE ERBETTE AROMATICHE E CAPRINO

Il piatto di oggi è un classico della cucina francese, in questa mia versione le omelette alle erbette aromatiche e caprino diventano un profumatissimo secondo dal sapore intenso. Veloci e facilissime da preparare sono l'ideale per un pranzo o una cena dell'ultimo minuto. Ma parliamo un po' del formaggio caprino, ottimo alimento che negli ultimi tempi sta ritornando in auge grazie alle sue riscoperte proprietà benefiche per il nostro organismo. Addirittura il caprino sarebbe da preferire al classico vaccino, in quanto risulta più magro e più facilmente digeribile (100 grammi di caprino contengono circa 250 cal) perfetto dunque da inserire nelle diete. Inoltre il latte di capra contiene una maggior quantità di calcio e addirittura il doppio del ferro rispetto al latte di vacca. In generale risultano meglio tollerati da chi soffre di allergie alle proteine del latte vaccino, che spesso tendono al sovrappeso ed hanno disturbi al tratto intestinale. In tali casi il caprino non infiamma, ma allo stesso tempo nutre e non provoca gonfiori addominali. Ultimo dato da sottolineare, ma di certo non meno importante, è il fatto che la capra non si presta agli allevamenti intensivi, dunque non viene nutrita con i classici insilati (cioè i mangimi industriali) tutto a vantaggio della nostra salute! Per 4 persone:

4 uova
150 g di caprino
1 rametto di salvia
1 rametto di rosmarino
1 rametto di origano
olio, sale

Sminuzzate le erbette aromatiche, mescolatele e dividetele in 4 gruppetti. Tagliate a fettine sottilissime il caprino e dividete anche questo in 4 patri. Sbattete un uovo in una ciotolina e regolate di sale. In una padella antiaderente mettete un goccio d'olio e versatevi l'uovo sbattuto, spargetelo per tutta la padella e cospargete lungo tutta la sua superficie il primo gruppetto di caprino, quindi sovrapponete il primo quarto di erbette aromatiche. Con l'aiuto di due forchette formate un rotolino e lasciate cuocere per un minuto per lato. Ripetete l'operazione con le altre 3 uova. Servite le omelette alle erbette aromatiche e caprino secondo il vostro gusto calde o fredde.



venerdì 11 luglio 2014

RISO ALLA CANTONESE

Il riso alla cantonese è un classico della cucina cinese, una delle più antiche del mondo. Nella sua semplicità, questa pietanza è un trionfo di colori, sapori e aromi. La Cina è una nazione profondamente legata all'agricoltura, ecco perché in tavola ricorre sovente l'uso di verdura ed ortaggi. Anche la carne è abbastanza presente, maggiormente quella di pollo, perché più economica, ma è molto apprezzata anche quella di maiale; di più scarso utilizzo il manzo, quasi assente il vitello. Ciò di cui si fa veramente quasi a meno sono i grassi animali e i latticini, mentre un posto d'onore è occupato dalle spezie e dalle erbe aromatiche. Ma ritorniamo al nostro piatto del giorno. I segreti per gustare un'ottimo riso alla cantonese sono pochi e semplici: importantissimo è anzitutto che il riso usato non sia appena scolato, è necessario che riposi a raffreddare almeno 4 ore prima di ultimare la sua preparazione. Banditi i piselli in scatola, che risultano troppo umidi. Non bisogna usare la salsa di soia, perché la ricetta originale non la prevede, tantomeno il nostro amatissimo olio d'oliva. Per 4 persone:

320 g di riso (meglio se Basmati o Jasmine)
2 uova
160 g di piselli
160 g di prosciutto cotto a cubetti
480 g di acqua
12 cucchiai di olio di semi di arachidi
sale

Cuocete il riso seguendo questo procedimento: Versatelo in una pentola con l'acqua e pochissimo sale a fiamma viva, non appena inizierà a bollire, abbassate il fuoco e aspettate che il liquido si assorba completamente, ci vorranno circa 10-12 minuti. Lasciatelo freddare. Nel frattempo sbattete le uova in una ciotolina con un pizzico di sale. Sciacquate e sgocciolate bene i piselli (che non andranno bolliti).  Mettete nel wok 4 cucchiai di olio e strapazzatevi le uova, quindi aggiungete i piselli e il prosciutto e a fiamma allegra cuoceteli finché non saranno leggermente dorati. Teneteli da parte e ponete nel wok 8 cucchiai di olio, quando sarà ben caldo incorporate il riso e lasciatelo tostare rigirandolo spesso. Quando vi accorgerete che alcuni chicchi iniziano ad imbrunirsi, aggiungete il condimento e saltate il tutto per circa 1 minuto. Il riso alla cantonese va servito molto caldo.


lunedì 7 luglio 2014

CROSTONI AI FUNGHI PORCINI

I crostoni ai funghi porcini sono uno sfizioso antipasto da servire caldo molto gustoso e saporito. Il porcino è probabilmente il fungo più ricercato in tutt'Italia e anche nel mondo, dato che le sue fibre sono consistenti al punto giusto e la fragranza risulta intensa ma allo stesso tempo delicata. I porcini crescono prevalentemente in boschi di castagne e querce, ma anche di faggi e pini, dai 700 ai 1300 m sul livello del mare. E' anche uno dei funghi più difficili da avvistare perché si mimetizza molto facilmente, dato che il suo colore è molto simile a quello delle foglie. In generale si sviluppano prevalentemente a settembre, ma in alcune fortunate zone la raccolta può avvenire da giugno a novembre. Affinché si sviluppino i porcini, è necessario che piova abbondantemente e che segua poi un tempo mite, importantissimo, senza tramontana; basta anche una sola notte con questo vento a bloccare lo sviluppo di una fungaia. Se sussistono queste condizioni climatiche ottimali, il porcino cresce addirittura nel corso di una mezza giornata, riuscendo a raggiungere anche dimensioni ragguardevoli con pesi intorno ai 2 k. Per 2 persone:

4 crostoni di pane casereccio
3 funghi porcini medi
1 spicchio d'aglio
125 g di mozzarella
1 rametto di timo
1 rametto di maggiorana
olio, sale

Pulite i funghi raschiandoli con un coltello e strofinandoli con un panno umido, quindi tagliateli a cubetti. Poneteli in padella con un trito d'aglio e metà delle foglioline di timo e maggiorana. Aggiungete  un cucchiaio d'olio e regolate di sale. Cuocete a fuoco medio col coperchio per circa 15 minuti, rimestando spesso. Nel frattempo passate per 3 minuti in forno i crostoni di pane e tagliate a cubetti la mozzarella. Terminata la cottura dei porcini, adagiateli sui crostoni tostati, distribuitevi la mozzarella e decorate con le ultime foglioline di timo e maggiorana. Ripassate in forno per qualche altro minuto, finché il formaggio non sia fuso. Servite ben caldi e croccanti i vostri crostoni ai funghi porcini.


martedì 1 luglio 2014

TORTINO DI CARCIOFI CON CACIOTTA

Oggi vi propongo un contorno semplice per un piatto veramente appetitoso: il tortino di carciofi con caciotta, un piccolo gioiello di equilibrio e sapore. I carciofi hanno un alto valore nutritivo, e sono l'ideale per una cucina sana e nutriente. Poi in questo periodo non facciamo altro che parlare di diete, di alimenti che aiutano a dimagrire, brucia grassi e spezza fame. Allora per gli amanti dei carciofi ecco una buona notizia: quando si avverte quel fastidioso languore prima dei pasti che sarebbe capace di farci trangugiare qualsiasi cosa, fra l'altro rovinando l'appetito del pasto imminente, è molto utile sgranocchiare un bel carciofo. Ebbene si, consumato a crudo, magari con una spruzzatina di limone per stemperare un po' del suo naturale sapore amarognolo, è il miglior modo per assumere ed assimilare tutte le proprietà che questo fantastico ortaggi reca in se, che altrimenti andrebbero perse in cottura. E' necessario però che i carciofi siano estremamente freschi, quindi il gambo non deve piegarsi, ma spezzarsi con la leggera pressione delle dita. Sotto queste condizioni sarebbe opportuno mangiare anche le foglie e il gambo, ricche di sostanze salutari e benefiche. Per 4 persone:

8 carciofi
200 g di caciotta
150 g di olive verdi
2 spicchi d'aglio
1/2 limone
2 dl di panna
1 cucchiaio di capperi
sale, pepe nero, olio

Pulite i carciofi togliendo le spine e le foglie esterne più dure. Tagliateli in 4 spicchi e lessateli in acqua bollente salata. Scolateli e tritate finemente alcuni spicchi. Mettete gli altri spicchi in una pirofila imburrata e fate un piccolo composto di aglio a pezzettini, carciofi tritati, metà della caciotta grattugiata, capperi, sale pepe e un po' d'olio, da cospargere sopra. Distribuitevi su inoltre le olive, la rimanente caciotta a cubetti e la panna. Infornate a 180° per circa mezz'ora. Servite il tortino di carciofi con caciotta ben caldo.


martedì 24 giugno 2014

SORBETTO ALL'ARANCIA CON CAMPARI

Il sorbetto all'arancia con Campari è un perfetto dessert a fine pasto per queste calde giornate di fine giugno, ma è ottimo anche per una merenda rinfrescante. Il Campari è, come tutti noi sappiamo, un bitter analcolico, che si ottiene dall'infusione di piante aromatiche, erbe amaricanti e frutta, miscelate con alcol, acqua e zuccheri, che danno vita ad un'emulsione molto fragrante dal colore rubino e dall'aroma intenso. Ma cosa sono le erbe amaricanti? Sono quelle che conferiscono quel particolare sapore amarognolo e stimolano la secrezione dei succhi gastrici, ecco perché aiutano nella digestione. Il Campari nasce a Novara, quando nel lontano 1860 Gaspare Campari acquista un piccolo bar e mette a punto la famosa ricetta. Nel '62 si trasferisce a Milano, in piazza Duomo, sotto il nome di "caffè Campari". Nel retrobottega prendono vita numerosi elisir, ma i prodotti di punta sono il "bitter all'uso d'Hollanda" e il "Cordiale", e grazie a questi due il caffè Campari diventa un punto di ritrovo per gli intellettuali dell'epoca e prende vita il rito dell'aperitivo. Gaspare partecipa con i suoi prodotti nel 1881 all'Esposizione Industriale Italiana e vince la medaglia di bronzo. Alla sua morte l'azienda viene presa in mano dalla moglie, che successivamente passerà al figlio Davide. Nell'immediato primo dopoguerra la produzione viene concentrata sui due elisir di maggior successo: il Campari e il Cordiale. Passano gli anni e nel 2001 la Campari viene quotata in borsa. Storia recentissima (aprile 2014) è l'acquisto da parte della "Fratelli Averna S.p.a." della Campari per un costo di ben 103,75 milioni di euro. Per 4 persone:

4 arance rosse
1 limone
200 g di zucchero semolato fine
2 cucchiai di liquore all'arancia
350 ml di acqua
bitter camparia a piacere
fettine di arancia

Riscaldate l'acqua senza portarla ad ebollizione, toglietela dal fuoco e aggiungete lo zucchero, mescolate finché non sarà completamente sciolto e lasciate raffreddare. Lavate accuratamente le arance e il limone e raschiatene la buccia, senza arrivare alla parte bianca. Poi spremete gli agrumi e filtrate il succo con un colino a maglie fini. Mescolate lo sciroppo di zucchero con il succo di agrumi, aggiungete il liquore all'arancia e le scorzette grattugiate. Versate il composto in una boule di metallo e passatela nel congelatore per 4 ore, mescolando il sorbetto ogni 30 minuti. Trascorso il tempo, formate delle palline di sorbetto con l'apposito porzionatore e disponetene 2 per ogni bicchiere, aggiungete il bitter campari nella quantità che desiderate, guarnite con una fettina di arancia e una cannuccia e servite subito.



mercoledì 18 giugno 2014

ASPARAGI ALLA PANCETTA GRATINATI

Oggi per voi un secondo piatto davvero goloso: gli asparagi alla pancetta gratinati, una pietanza dai colori vivaci e dal sapore deciso dato dal connubio fra asparagi e pancetta. Gli asparagi sono dotati di innumerevoli proprietà, depurativi e diuretici, ricchi di potassio, fosforo e calcio, in essi abbondano le fibre, ma forse non tutti sanno che sono un vero toccasana alla vita di coppia. E' noto infatti, fin dai tempi antichi, che gli asparagi siano un potente afrodisiaco. Ne erano fermamente convinti i Greci, mentre le donne Romane li usavano come contraccettivi, credendo che avesse questa funzione legarsi sotto le vesti un sacchetto pieno di radici di asparagi. Parlando di famosi personaggi della storia e la fama afrodisiaca degli asparagi, Napoleone III voleva che fossero sempre presenti in tavola durante le sue cene private. Mentre Luigi XIV ordinò al suo giardiniere di coltivarli tutto l'anno, e per questo motivo, in segno di gratitudine, in suo onore eresse una statua. Ancora, nel 1600 il noto erborista inglese Nicholas Culpepper, scrisse in un suo trattato che "gli asparagi suscitano desiderio negli uomini e nelle donne". Infine, ancora oggi a Bassano del Grappa durante i banchetti di nozze, è diffusa l'antica tradizione di presentare un piatto di asparagi, creduti propiziatori per gli sposi. Ma esiste davvero un collegamento fra credenze e realtà? Certamente, e ciò grazie alla massiccia presenza negli asparagi della vitamina E, capace di stimolare gli ormoni maschili, favorendo così una maggiore virilità e una vita sessuale sana. Per 4 persone:

1 k di asparagi
8 fette di pancetta tagliata sottilissima
1 noce di burro
1 cucchiaio di farina
2 tuorli
1/4 di latte
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 bicchierino di vino bianco secco
1 grattugiata di noce moscata
sale

Pulite gli asparagi e metteteli a bollire per 5 minuti, scolateli e teneteli da parte. Preparate la besciamella facendo sciogliere in padella il burro, aggiungete la farina e mescolate velocemente per eliminare i grumi. Quando il composto sarà imbiondito diluitelo lentamente con il latte, senza smettere di mescolare, salate e continuate la cottura per 5 minuti, sempre rimestando. Quindi levatelo dal fuoco e incorporatevi i 2 tuorli, il parmigiano, il vino e la noce moscata, amalgamando con cura, poi rimettete sul fuoco per un paio di minuti per addensare la besciamella. A questo punto dividete gli asparagi in otto mazzetti e arrotolate intorno a ciascuno una fetta di pancetta, lasciando scoperte le punte. Adagiate gli involtini così preparati in una pirofila da forno ricopriteli per metà con la besciamella lasciando visibile un po' di pancetta e infornate a 200° per 10 minuti. Servite gli asparagi alla pancetta gratinati direttamente nella pirofila.



sabato 14 giugno 2014

SPAGHETTI ALLE VONGOLE

Se ancora non siete riusciti ad andare in vacanza ma la voglia di mare vi assale, allora dilettatevi ai fornelli a preparare un classico e semplice piatto di spaghetti alle vongole. E' tanto che non vi propongo un primo di pesce e questo è uno fra i miei favoriti, anche perché è davvero molto sbrigativo. Il tempo si perde a spurgare le vongole, ma si sa, fanno tutto da sé, bisogna solo ricordarsi di cambiare l'acqua... Lo sapete che nel mese di marzo 2012 è stata rinvenuta una vongola gigante sulle sponde del Fibbio, affluente dell'Adige, a Montorio in provincia di Verona? Gigante perché l'esemplare di vongola pesava quasi 1k, lunga 22 cm e larga 14, un vero e proprio mostro di Lockness nostrano! Autori del ritrovamento furono due volontari del Comitato Fossi, intenti a ripulire l'argine. Immaginate il loro stupore! Per provare a svelare il mistero fu interpellato l'esperto ittiologo nonché biologo Ivano Confortini, il quale asserì che la vongola è originaria delle Filippine e da qualche anno ha trovato il nuovo habitat in tutta la pianura padana. La vongola può raggiungere anche i 30 cm di lunghezza e ha una vita media di 5-6 anni. Ma sarà commestibile? Chi lo sa... io lascio volentieri ai posteri l'ardua sentenza. Per 2 persone:

500 g di vongole
100 g di spaghetti
1 bicchiere di vino bianco
2 spicchi d'aglio
1 peperoncino
1 rametto abbondante di prezzemolo
olio, sale

Anzitutto bisogna spurgare le vongole dalla sabbia, questa è l'operazione più lunga ma più semplice della preparazione, perché nell'arco di una mezza giornata bisogna cambiare l'acqua. Mi spiego meglio: una volta acquistate, le vongole vanno messe a bagno in una bacinella e ogni 2 ore circa va semplicemente scolata via la vecchia acqua e riempita la bacinella di acqua fresca. Una volta spurgate le vongole, si può procedere. Tritate finemente aglio, prezzemolo e peperoncino. Ponete in una padella questo battuto, conservando un pò di prezzemolo per la decorazione, con un C abbondante di olio. Non siate parsimoniosi con l'olio, perché in effetti è questo l'unico condimento. Lasciate soffriggere leggermente, incorporate le vongole, rigiratele per 1 minuto a fuoco vivo, irrorate con il vino e abbassate la fiamma. Nel frattempo cuocete gli spaghetti e scolateli al dente. Quindi aggiungeteli in padella alle vongole e saltateli per un paio di minuti, il tempo necessario all'assorbimento del sughetto, ma fate attenzione a non lasciarlo evaporare del tutto. Prima di servire in tavola gli spaghetti alle vongole, decorate i piatti con il prezzemolo tritato messo da parte in precedenza.




mercoledì 11 giugno 2014

FRITTELLE DI MAIS

Le frittelle di mais sono uno stuzzicante aperitivo. Calde o tiepide, sono ottime da servire al naturale oppure con lo yogurt. Tutti sappiamo che il mais fu introdotto da Colombo in seguito alla scoperta dell'America, ma gli storici hanno dimostrato che si coltivava in Messico già nel lontano V secolo a.C. Quando giunse in Italia, il mais prese anche il nome di granturco, "turco" perché così veniva chiamato tutto ciò che proveniva oltremare o che avesse comunque origini coloniali. Il mais si diffuse con notevole rapidità, sopratutto in veneto dove, grazie all'inventiva dei contadini, se ne ricavò la farina. Per l'appunto questa è una pratica tipica italiana, ignota alle popolazioni americane, che avevano invece l'uso di consumare il mais a grani, impastato o intero, bollito o arrostito, e mai a polenta. C'è anche da dire che avevano un modo di sfruttare questo cereale del tutto razionale e totale, non buttavano via nulla: con gambi, foglie e spighe coprivano i tetti delle capanne e nutrivano il bestiame, ne ricavavano lo zucchero e anche bevande alcoliche. Le pannocchie venivano utilizzate nei modi più svariati poc'anzi descritti per alimentarsi. Ben presto in tutta l'Italia settentrionale il mais soppiantò quasi del tutto il frumento, data la sostanziale differenza di prezzo, diventando così per le popolazioni contadine il cibo di base, consumato sotto forma di polenta e di pane. Per 4 persone:

300 g di patate
100 g di mais
50 g di speck
2 uova
30 g di farina
sale, pepe nero, olio per friggere.

Sbucciate e tagliate a pezzi le patate, lessatele in acqua salata, scolatele, schiacciatele e lasciatele intiepidire. Tritate finemente lo speck, incorporatelo al purè di patate, unendo il mais, le uova, la farina, poco sale e il pepe macinato. Mescolate bene. Immergete nell'olio bollente un cucchiaio del composto, formando così la frittella e procedete fino ad esaurire la pastella. Scolate le frittelle di mais e appoggiatele su carta da cucina in modo da eliminare l'unto in eccesso. Servitele a piacere calde o tiepide al naturale o con l'aggiunta di yogurt.



sabato 7 giugno 2014

TIRAMISU' LIGHT ALLO YOGURT

Il tiramisù light allo yogurt è una mia rivisitazione della classica ricetta di origine trevisana (che si sa, in effetti è un po pesantuccia...), per appagare la voglia di dolce anche quando dovremmo farne a meno. La ricetta del tiramisù non è presente nei libri di cucina precedenti agli anni sessanta. Nella tradizione pasticcera il tiramisù presenta delle similitudini con alcuni dolci, in particolare con la charlotte, composta da una crema bavarese, circondata da una corona di savoiardi e ricoperta da una guarnitura, con la zuppa inglese, composta da strati di savoiardi inzuppati nell'alchermes e crema pasticcera; con il dolce Torino, composto da savoiardi bagnati nell'alchermes e nel rosolio (soluzione liquorosa derivata dai petali di rosa) inframmezzati da un composto a base di burro, tuorli di uovo, zucchero, latte e cioccolato fondente; e la Bavarese Lombarda, con la quale presenta affinità per la preparazione e la presenza di alcuni ingredienti come i savoiardi e i tuorli d'uovo (assodati e non crudi). Nella bavarese vengono utilizzati anche il burro ed il rosolio (o l'alchermes), ma non il mascarpone e il caffè. L'esperto enogastronomo Giuseppe Maffioli, nella rivista "Vin Veneto: rivista trimestrale di vino, grappa, gastronomia e varia umanità del Veneto" del 1981, indica la nascita del dolce verso la fine degli anni '60, localizzandolo presso il ristorante "Alle Beccherie" di Treviso, gestito dalla famiglia Campeol, ad opera di un cuoco pasticciere che aveva lavorato in Germania, Roberto "Loly" Linguanotto. Questi voleva ricreare delle tipologie di dolci visti nella sua esperienza all'estero. Chiamò il dolce, "tiramisù" per le sue elevate capacità nutrizionali e ristoratrici, anche se alcuni maliziosi affermano che il nome sia dovuto a presunti effetti afrodisiaci. Dagli anni '60 in poi, si è avuta una rapidissima diffusione di questo meraviglioso dolce al cucchiaio sia nel Veneto che nel resto d'Italia. Per 6 persone:

1 confezione di savoiardi

500 g di yogurt bianco
100 g di cioccolato fondente
caffè

Preparate 2 caffettiere grandi di caffè molto leggero e lasciatelo raffreddare in una ciotola. Sciogliete 50 g di cioccolato fondente a bagnomaria e mescolatelo allo yogurt, tritate a pezzettini il resto. Inzuppate i savoiardi nel caffè e disponeteli in una pirofila, stendetevi sopra uno strato di crema di yogurt e distribuite su tutta la superficie le scaglie di cioccolato fondente. Ripetete nuovamente questa operazione. Lasciate riposare in frigo il tiramisù light allo yogurt almeno un paio d'ore prima di servirlo, ma il mio consiglio è di mangiarlo il giorno dopo.